Gomito del tennista o Epicondilite: come riconoscerla e come curarla

Quante volte ti è capitato di sentir parlare di “gomito del tennista” e associarlo banalmente a un problema articolare specifico dei tennisti o degli sportivi in genere? In parte è vero, ma non pensare che sia soltanto una loro problematica.

Il “gomito del tennista”, o in termine medico/scientifico “epicondilite”, è un’infiammazione dei tendini che si agganciano in una zona laterale del gomito chiamata per l’appunto “epicondilo” e aiutano i muscoli nell’estensione di polso e dita e nella prono-supinazione dell’avambraccio.

 

Come intuibile dal nome, è una patologia molto frequente tra quegli atleti che sollecitano con grande intensità gli arti superiori del corpo, ma in realtà può colpire anche una persona qualsiasi che svolge un lavoro manuale con movimenti ripetitivi (come ad esempio nel giardinaggio) o movimenti di forza; oppure è sufficiente anche un lavoro dove si mantengono posizioni fisse per lungo tempo (ad esempio in ufficio con il mouse del PC).

 

SINTOMI E CAUSE DELL’EPICONDILITE

Il sintomo principale è inevitabilmente il dolore al gomito, che può presentarsi in maniera improvvisa oppure sorgere gradualmente e acutizzarsi nell’arco di alcuni giorni.

I tipi di dolore che si possono provare sono diversi: si può sviluppare in maniera diffusa intorno all’articolazione, oppure sotto forma di fitte/scosse o anche come formicolio, in quanto l’infiammazione potrebbe andare ad irritare i nervi nelle vicinanze.

Possiamo accorgerci e percepire l’insorgere della problematica quando riscontriamo difficoltà a svolgere alcune semplici azioni quotidiane come stringere la mano, svitare un barattolo, prendere una bottiglia o sollevare oggetti pesanti.

 

Quindi da dove nasce il disturbo da epicondilite?

Come tutte le patologie tendinee, l’infiammazione si genera per un sovraccarico che può essere causato dal “troppo” o dal “troppo poco”, ovvero: un eccessivo sforzo oppure un piccolo sforzo ma prolungato nel tempo.

Per i praticanti di alcuni sport, come il tennis, la causa del sovraccarico è abbastanza intuibile e scontata, mentre per una persona qualsiasi ci possono essere varie motivazioni.

1.   Mantenimento di posizione prolungate. Come abbiamo detto, non solo il troppo movimento genera un sovraccarico, anche il troppo poco. Mantenere una medesima posizione per tante ore può generare un’infiammazione. In questa casistica rientrano tutte quelle persone che svolgono lavori d’ufficio e ad esempio utilizzano per molto tempo il mouse. La posizione con la quale lo si impugna causa un accorciamento dei tendini degli estensori del polso.

2.   Rigidità dell’articolazione polso. Non è una causa diretta ma sicuramente aumenta il rischio di epicondilite. Una scarsa mobilità rende i movimenti meno naturali e obbliga i tendini a gestire un maggiore carico.

3.   Scarsa mobilità di spalle. Così come il polso, anche le spalle possono avere una grande influenza in quanto una loro rigidità altera la meccanica di movimento del braccio.

4.    Problematiche cervicali. Anche una rigidità cervicale può avere voce in capitolo su disturbi da epicondilite in quanto in grado di modificare la meccanica del braccio. Va però sottolineato che, in questo caso, possa essere più una concausa che l’unica fonte del problema.

5.    Eccessiva debolezza dei muscoli e dei legamenti. Al contrario della rigidità, se i muscoli e i legamenti non hanno sufficiente forza saranno più mobili della media e ciò renderà l’articolazione più vulnerabile.

 

COME CURARE L’EPICONDILITE

L’epicondilite è una delle problematiche tendinee più ostiche che, se non curata prontamente, potrebbe cronicizzarsi e richiedere poi settimane/mesi, in diversi casi anche anni, per la completa guarigione.

Come abbiamo già visto per altri problemi causati da infiammazione tendinea (vedi articolo sulla pubalgia) è sconsigliato mantenere completamente ferma l’articolazione dolorante. Anche nella fase più acuta, è meglio svolgere sempre dei piccoli movimenti a condizione che non creino dolore.

 

Detto ciò, il primo consiglio resta sempre quello di rivolgersi il prima possibile a uno specialista per confermare la diagnosi e indicare un percorso terapeutico mirato.

Nella fase acuta generalmente si prova un dolore intenso, si ha una grande limitazione nei movimenti e spesso si prova una sensazione di bruciore che si irradia lungo l’avambraccio. Può durare dai 15-25 giorni e per alleviare i sintomi si può ricorrere a impacchi di ghiaccio, all’utilizzo di un tutore di contenimento unito a terapie antalgiche e antinfiammatorie quali la tecar terapia, laser e gli ultrasuoni.

Passata la fase acuta si può procedere con un percorso riabilitativo specifico per la condizione del paziente. In questa fase hanno grande importanza ed efficacia i trattamenti manuali, le manipolazioni e una rieducazione dell’articolazione attraverso esercizi mirati volti a:

  • ridurre la forte rigidità accumulata
  • recuperare la completa articolarità in assenza di dolore
  • ripristinare l’elasticità e la forza muscolare
  • prevenire la ricomparsa dell’infiammazione

 

Se soffri quindi di un disturbo al gomito e temi possa trattarsi di epicondilite, vieni a trovarci in una delle nostre 5 sedi tra Torino e Provincia. Verrai valutato e seguito attentamente da uno dei nostri professionisti che ti proporrà il miglior percorso riabilitativo specifico per la tua situazione.

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Dolori mandibolari? La terapia manuale per curare e prevenire disturbi della ATM

Ti è mai capitato di provare dolore durante la masticazione oppure di sentire degli scatti sonori quando apri o chiudi la bocca? Ti sei per caso accorto di serrare forte i denti e di digrignare di notte? O magari, più semplicemente, soffri frequentemente di mal di testa, cervicalgia e dolori persistenti al collo? Questi sintomi, anche se all’apparenza diversi, possono essere riconducibili ad un’unica sorgente: l’articolazione temporomandibolare.

L’articolazione temporomandibolare (ATM) è una delle strutture anatomiche più complesse del nostro corpo. Collega la mandibola alle ossa temporali del cranio e consente una grandissima varietà di movimenti. E’ composta da muscoli masticatori (massetere, temporale, pterigoideo interno, pterigoideo esterno) e da diverse strutture legamentose, funzionali al collegamento con le prime vertebre cervicali. Proprio per questo stretto collegamento con la parte superiore della colonna vertebrale, l’ATM ha una fortissima influenza sul sistema posturale del nostro corpo.

 

SINTOMI E DISTURBI ALL’ARTICOLAZIONE TEMPOROMANDIBOLARE

Come accennato in precedenza, le problematiche all’ATM si manifestano attraverso diversi sintomi più o meno gravi e possono presentarsi in maniera estemporanea o svilupparsi e acutizzarsi progressivamente. 

Questi possono essere:

  •   dolore durante la masticazione
  •   click articolare in apertura e chiusura della bocca
  •   bruxismo (digrignare e serrare i denti)
  •   mal di testa frequente
  •   cervicalgia
  •   disturbo del riposo notturno
  •   vertigini
  •   perdita precoce dei denti

 

Qual è la loro origine, da cosa sono dovuti?

Le cause che stanno alla base dei disturbi all’ATM sono derivanti principalmente da tensioni muscolari e problemi anatomici dell’articolazione che possono generare, ad esempio, un’iper o ipo-mobilità della stessa. Tra queste rientrano anche le malocclusioni (di pertinenza odontoiatrica, ma indagabili dal fisioterapista): incastri scorretti delle arcate dentali superiori e inferiori sono causa di uno squilibrio articolare.

Infine giocano un ruolo fondamentale anche aspetti psicologici e di stress, i quali possono indurre più facilmente a disturbi quali il bruxismo (serrare o digrignare i denti) o alle cosiddette parafunzioni (come ad esempio mangiarsi le unghie).

 

COME TRATTARE E ALLEVIARE I DISTURBI ALL’ATM

Come sempre, il primo consiglio è quello di rivolgersi ad uno specialista che possa analizzare e valutare attentamente i sintomi e stabilire un percorso terapeutico mirato ed efficace.

L’obiettivo principale dei trattamenti manuali è quello di rilasciare la tensione articolare e rilassare i muscoli masticatori attraverso tecniche dirette sia esterne che interne alla bocca, proprio come mostrato nel video sottostante.

Non appena il dolore mandibolare sarà meno acuto, sarà possibile procedere con manovre ed esercizi volti al rafforzamento della muscolatura e alla prevenzione, da poter poi svolgere anche in autonomia.

 

Se hai bisogno di un consulto, ma non sai a chi rivolgerti, puoi affidarti alla professionalità del nostro personale qualificato presente nei 5 centri Fisiotop di Torino e provincia.

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Tormentato dalla pubalgia? Cause e rimedi per curarla efficacemente

Ti è mai capitato di provare un dolore persistente ma non ben identificato nell’area tra inguine, pube e basso ventre? Se si, allora potresti aver avuto a che fare con la pubalgia.

È una problematica ostica e fastidiosa, nello specifico si tratta di un’infiammazione dei tendini nella regione inguinale. Spesso si è rivelata un vero e proprio cruccio per gli sportivi (specie i calciatori) ma è largamente diffusa anche tra la gente comune e ne condiziona la quotidianità.

Il dolore infatti può emergere in semplici azioni come salire e scendere le scale oppure anche solo tossendo, e la guarigione spesso richiede tempi molto lunghi (settimane, se non mesi).

 

DA DOVE NASCE LA PUBALGIA?

Quando si parla di pubalgia si fa riferimento sostanzialmente ad una tendinopatia (o tendinite), ovvero un’infiammazione del punto in cui il muscolo si attacca all’osso. In questo caso specifico stiamo parlando degli adduttori, dello psoas e del retto dell’addome.

 

Da dove ha origine e come fa a colpire anche chi non pratica una costante attività fisica?

Si possono distinguere due potenziali cause: il sovraccarico diretto e il sovraccarico indiretto.

Il sovraccarico diretto colpisce più facilmente gli sportivi e avviene nel momento in cui i muscoli vengono sollecitati oltre la loro capacità di sostenere lo sforzo. Ciò può verificarsi a causa di allenamenti troppo intensi, allenamenti non ben organizzati o scarso recupero tra un esercizio e l’altro.

Il sovraccarico indiretto invece può riguardare chiunque e dipende da una serie di concause dovute alle varie funzioni che adduttori, psoas e retto dell’addome svolgono. Quest’ultimi due, ad esempio, sono fondamentali per l’equilibrio di bacino e della colonna vertebrale. Se la muscolatura non lavora correttamente, si può creare uno scompenso e quindi un sovraccarico anche senza svolgere una particolare attività sportiva.

 

COME CURARE EFFICACEMENTE LA PUBALGIA

Premessa: come accennato ad inizio articolo, la pubalgia è una problematica molto ostica che richiede settimane, a volte anche mesi, per guarire completamente. Il primo consiglio è quello di rivolgersi al proprio medico o ad un centro specialistico per stabilire un preciso ed efficace piano terapeutico e rieducativo. Fisiotop dispone di 5 sedi tra Torino e provincia, scopri quella più vicina a te (clicca qui).


Il decorso della pubalgia si può semplificare in due fasi:

 

PRIMA FASE

Nella prima il dolore è molto intenso e lo si percepisce anche nelle più semplici azioni quotidiane. E’ una fase acuta che dura in media tra le 2-3 settimane. Nonostante ciò ci sono dei piccoli accorgimenti che si possono applicare in autonomia per ridurre la durata di questa fase.

L’applicazione del ghiaccio è sempre una garanzia per problemi di natura infiammatoria. Fare degli impacchi, anche 2-3 volte al giorno, aiuta notevolmente a ridurre l’infiammazione. A molti potrebbe venir istintivo utilizzare anche alcune pomate: la loro efficacia è tutta da dimostrare, ma le controindicazioni sono molto basse. Nel caso è meglio affidarsi a pomate naturali come quelle a base di arnica.

Altri due aspetti fondamentali sono il riposo e l’allungamento. Trattandosi di un’infiammazione è importante non continuare a sollecitare e sforzare i muscoli in questione. Ciò non vuol dire restare completamente fermi; in generale i problemi tendinei non traggono troppi benefici dalla scarsa mobilizzazione. Vuol dire provare ad eseguire quotidianamente alcuni movimenti di scarico e di allungamento che si sente non generino dolore. Questi sicuramente possono aiutare ad accelerare il superamento della fase acuta.

 

SECONDA FASE

Non appena la fase acuta è alle spalle si può passare allo step successivo: intervenire in maniera specifica attraverso un percorso terapeutico e rieducativo. In questa fase è importante essere affiancati da uno specialista che possa proporre un piano personalizzato e funzionale alla vostra condizione. Fondamentalmente sono tre le aree in cui sarà necessario intervenire:

1.      Aumentare la vascolarizzazione delle strutture per ridurre i processi infiammatori e l’insorgere di problemi tendinei: la rieducazione degli adduttori attraverso esercizi a basso carico può risultare molto efficace.

2.      Rendere più mobili le strutture troppo rigide: il classico stretching (per adduttori e psoas) è sempre un buon alleato, da sempre è considerato parte integrante nella cura della pubalgia.

3.      Rinforzare le strutture troppo deboli: la muscolatura lombare è fondamentale per non generare sovraccarico sugli adduttori. Esercizi mirati per rinforzarla permetteranno di migliorare anche la stabilità del bacino.

CONCLUSIONI

L’avete capito anche voi, la pubalgia è una problematica da non sottovalutare. Bisogna armarsi di grande pazienza per poterla superare completamente, il processo di guarigione può durare anche mesi.

Il metodo suggerito nell’articolo è un approccio graduale che deve essere applicato con continuità. Per essere sicuro di realizzarlo, ma sopratutto per avere un programma terapeutico e di rieducazione personalizzato, è sempre meglio rivolgersi a centri specializzati che possono così valutare attentamente la tua situazione.

Puoi affidarti alla professionalità di una delle 5 sedi Fisiotop presenti a Torino e provincia.

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